Modello 231: il presidio che rende un’impresa più solida, credibile e pronta a crescere
- Studio Brandi
- 25 nov
- Tempo di lettura: 4 min
Il Modello 231 è stato a lungo considerato un adempimento formale, qualcosa da predisporre per evitare rischi penali e tenere in ordine la documentazione richiesta dal Decreto Legislativo 231 del 2001. Molte imprese lo hanno interpretato come un costo, altre come una tutela “assicurativa” e solo poche come uno strumento di governo. Oggi questo approccio non è più sostenibile. La 231 è diventata uno dei pilastri della governance aziendale moderna, soprattutto dopo l’inserimento dei reati tributari come reati-presupposto nel 2020, e rappresenta un presidio che protegge e, allo stesso tempo, migliora l’impresa.

Per comprendere il valore reale del Modello 231 bisogna partire dalla sua logica. Il sistema attribuisce all’ente una responsabilità autonoma per determinati reati commessi nel suo interesse o vantaggio. La sola esistenza del rischio non basta a rendere responsabile l’azienda: ciò che rileva è la qualità della struttura organizzativa. Se l’impresa dimostra di aver adottato un sistema idoneo a prevenire quei rischi e di averlo attuato concretamente, il Modello 231 diventa una protezione effettiva. Questo meccanismo ha costretto le imprese a guardare dentro i propri processi, a mappare le attività sensibili, a definire ruoli e responsabilità, a formare il personale, a documentare le decisioni e a costruire controlli proporzionati alla complessità dell’organizzazione.
L’aspetto più interessante è che tutto ciò non produce solo effetti giuridici, ma anche operativi. La 231 costringe l’impresa a mettere ordine, a rendere tracciabili i flussi, a chiarire chi fa che cosa, a individuare vulnerabilità che spesso passano inosservate nelle attività quotidiane. La mappatura dei processi e la revisione delle deleghe creano trasparenza interna, riducono le sovrapposizioni, migliorano la qualità del lavoro e rendono più semplice individuare gli errori prima che causino danni economici, reputazionali o fiscali.
L’introduzione dei reati tributari ha ampliato ulteriormente la portata del modello. Oggi la fiscalità non è più soltanto un ambito amministrativo o di compliance; è diventata un’area potenzialmente presidiata dal diritto penale dell’ente. Questo ha costretto molte imprese a integrare la 231 con procedure fiscali, protocolli di controllo sui flussi finanziari, maggiore tracciabilità delle decisioni tributarie e formazione specifica del personale amministrativo. La presenza di un Modello 231 aggiornato e operativo riduce il rischio fiscale, tutela l’impresa e crea una base strutturale perfetta per sistemi più avanzati come il Tax Control Framework.
I vantaggi operativi sono evidenti nelle imprese che hanno adottato un approccio serio. La struttura 231 migliora la qualità delle informazioni che arrivano ai vertici aziendali, facilita il monitoraggio dei processi critici, riduce il rischio di comportamenti opportunistici, aumenta la responsabilità delle funzioni interne e genera un clima di maggiore consapevolezza. La presenza di un Organismo di Vigilanza attivo contribuisce a garantire una supervisione costante, indipendente e documentata. Tutto questo rafforza la capacità dell’impresa di operare in modo stabile e coerente, riducendo la probabilità di errori che potrebbero trasformarsi in problemi complessi. Il Modello 231 ha poi un impatto diretto sulla reputazione e sulla competitività. Nei rapporti con banche, investitori, partner internazionali e gruppi strutturati, la presenza di un modello aggiornato è una condizione sempre più richiesta. Le imprese che non lo adottano, o che lo hanno solo in forma formale, vengono percepite come meno affidabili, meno controllabili e più esposte a rischi interni. La 231 è diventata un elemento di selezione nelle filiere industriali più evolute e un fattore valutato nelle operazioni straordinarie, nelle due diligence e nei processi di accesso al credito. Il collegamento con i sistemi di compliance avanzata, come il Tax Control Framework e il regime di adempimento collaborativo, è naturale. La 231 richiede mappatura dei rischi, protocolli, segregazione delle responsabilità, flussi informativi, tracciabilità e formazione: sono gli stessi principi che regolano i modelli di governance fiscale previsti dalle linee guida dell’Agenzia delle Entrate e dai modelli OCSE. L’integrazione tra 231 e Tax Control Framework non è obbligatoria, ma è strategica. Costruisce un ambiente di controllo coerente, riduce i costi di gestione della compliance, evita duplicazioni e prepara l’impresa a un futuro in cui il Fisco sarà sempre più orientato alla prevenzione e sempre meno all’accertamento ex post. Per molte imprese, soprattutto quelle in crescita verso la soglia dei cinquanta o cento milioni di euro, il Modello 231 è il primo passo per entrare in una nuova dimensione organizzativa. È la base culturale su cui costruire un sistema di governance moderno, capace di sostenere operazioni complesse, rapporti internazionali, investimenti rilevanti e controlli esterni sempre più digitalizzati. Non è solo una tutela giuridica, ma un vero elemento di competitività. Lo Studio Brandi può affiancare l’impresa nella definizione, revisione e attuazione del Modello 231, rendendolo uno strumento operativo, integrato e calibrato sulla reale struttura aziendale. L’obiettivo è trasformare la compliance in valore, costruire processi più solidi, rafforzare la credibilità dell’impresa e prepararla ad affrontare un contesto normativo ed economico che richiederà livelli di governance sempre più elevati.
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Fonti:
Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231
Gazzetta Ufficiale – Testo coordinato D.Lgs. 231/2001
Linee guida del Ministero della Giustizia (MiSE) – documento di indirizzo per la valutazione dei Modelli 231
D.Lgs. 75/2020 Modifica del D.Lgs. 231/2001
Sentenza Corte di Cassazione penale, Sezioni Unite – n. 38343/2014 (caso ThyssenKrupp)
Documento OCSE – “Guidelines for Compliance and Risk Management in Enterprises”
Relazioni e note di accompagnamento alle riforme fiscali 2020–2023




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